La Patria per chi è alto un metro e mezzo

a cura di Amelia Di Risio

Spiegare ad un bambino della scuola primaria un concetto intricato e corposo come quello di patria è un’ impresa ardua, eppure sono proprio loro, i bambini, a prospettare una visione alternativa e per certi versi insolita di ciò che gli adulti ritengono debba essere la patria. L’etimologia del termine deriva dal latino e significa letteralmente terra dei padri, dunque implica un legame penetrante, inscindibile e primitivo alla propria terra natia. Fa riferimento al principio di identità nazionale che ogni cittadino riconosce intrinsecamente per sé e in sé. Ma cosa accade quando ci si allontana e quali sono i richiami della terra, quando si diventa cittadini di una patria altra rispetto a quella d’origine?

Le classi di una scuola, soprattutto negli ultimi anni e in virtù di una pregnante globalizzazione degli usi e dei costumi, non sono più formate esclusivamente da italiani, volendo intendere con tale vocabolo chi è nato in Italia e appartiene dunque alla Repubblica Italiana da generazioni, ma da una moltitudine di etnie dissimili le quali, quasi sempre in maniera significativa, influenzano e alimentano la consapevolezza di cosa sia, effettivamente, la patria. Nelle nostre classi socializzano bambini nati in altri paesi, non solo quelli comunitari, bambini nati in Italia ma con origini straniere, bambini che coabitano giornalmente con culture, tradizioni, religioni distinte dalle proprie e per ultimo, ma non meno importante, bambini che approdano nelle scuole parlando lingue differenti e che imparano a manifestare il proprio mondo solo con l’acquisizione della nostra lingua madre: l’italiano. E’ in un territorio intriso di sana e costruttiva diversità, come la scuola per l’appunto, che si pongono le basi per una convivenza civile nel segno del rispetto e della tolleranza.

L’integrazione scolastica, ritenuta da molti un baluardo della moderna istituzione, volta all’educazione e alla formazione dei futuri cittadini, conferisce una rivisitazione efficiente e concreta del concetto stesso di appartenenza ad un luogo e dunque ad un’identità nazionale.

“La patria è l’Italia”, “La patria è casa mia”, “La patria è il paese in cui sono nato”, “La patria è il paese in cui sono nati i miei genitori”, “Io sono fortunato perché ho due patrie!”; sono solo alcune delle risposte date da bambini italiani e non, a cui è stato chiesto di identificare a parole proprie il concetto di cui sopra; emerge il riconoscimento dell’Italia come casa, luogo relazionale non necessariamente etnico ma propriamente geografico, habitat naturale in cui si vive la propria esistenza e si edifica la personalità.

Illuminante per ragioni anagrafiche e conoscitive, la teoria di alcuni: “La patria è il mondo in cui viviamo”.
Ci sarebbe da riflettere su un’ asserzione del genere; forse siamo noi adulti a non essere ancora pronti a questa estensione totale dell’ idea patria.
Noi che troppo spesso ci barrichiamo dietro preconcetti nazionalistici demodé, preparati per ragioni artificiosamente etiche a puntare il dito su chi, per una logica dissomiglianza, ci spinge ad una riflessione umana che nulla toglie al nostro amor patrio e al patrimonio culturale nazionale che ci identifica nel mondo con il “made in Italy”, ma che arricchisce in molti casi, il bagaglio valoriale degli stessi.

Lungi dal proporre una retorica spicciola e qualunquista, è fondamentale soffermarsi spesso ad ammirare l’umanità che condivide, di passaggio o stabilmente, la nostra Italia: microcosmo astruso ricco di localismi da cui però trasudano una cultura e una tradizione capaci di abbracciare tutto il mondo. Ecco dunque che il concetto di patria, non sembra poi così circoscritto ai confini del nostro stivale.

Seppur con le dovute semplificazioni, i bambini ci sono arrivati; e noi quando ci arriveremo?

angelopieroni

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